Uno dei peggiori problemi dell’arte contemporanea è che essa «viene amministrata, integrata, qualitativamente rimodellata dall’industria culturale». «È divenuta in amplissima misura un’impresa guidata dal profitto: un’impresa che prosegue finché rende». Sono le parole di Theodor Adorno, ma ancora oggi la situazione non è migliorata.
L’arte viene declinata e deformata in base alle dure e devastanti e contraddittorie esigenze del “gusto” commerciale. Le valutazioni “istituzionali” dei critici e degli storici sono influenzate da quelle commerciali degli operatori del settore, dei galleristi e dei collezionisti. Dovrebbe avvenire l’esatto opposto.
Sta allora agli enti territoriali e ai soggetti prominenti della comunità, ovvero le grandi imprese, provvedere a cambiare da vizioso a virtuoso il circolo arte–mercato dell’arte.
La sponsorizzazione intellettuale deve impegnarsi e investire nella valorizzazione dell’artista, della persona “che fa arte”. Garantendole la massima libertà creativa. Anteponendo la sua originalità alle pretese e alle impellenze delle tendenze e del consumo. Non obbligandola a legittimarsi in termini di vendibilità.
Promuovere l’inserimento dei giovani nel mercato dell’arte significa anche insegnare loro a essere imprenditori di se stessi.
Questo è esattamente ciò che fanno alcune industrie “illuminate”, nel novero delle quali rientra Rosss: un’azienda in cui eticità e impeto produttivo riescono ancora, grazie all’esempio del suo fondatore, a camminare assieme.
Nel settore manifatturiero si trova il perfetto binomio tra Arte e Lavoro
Sempre più, dunque, nella nostra epoca il quadrinomio arte-tecnologia industria-mercato dell’arte diviene inscindibile.
Il settore di Rosss, il manifatturiero, è il più adatto tra le varie tipologie di attività industriali per aiutare quegli artisti a comprendere, ad apprezzare e a sfruttare quel quadrinomio.
Lo è perché pur avvalendosi dei più avanzati strumenti tecnologici li impiega e li considera come semplice mezzo, senza innalzarli a fine, e perché mantiene inalterato il legame con la concretezza “fabbrile” della produzione, con la creazione di oggetti tangibili e durevoli. Di prodotti non superflui, non passeggeri, non imposti dalla tirannia del consumo ma mirati e concepiti per il consumo dell’uomo inteso come beneficio e non come spreco.
Il settore manifatturiero è il campo perfetto per dimostrare la coincidenza fra arte e lavoro, perché sia l’una sia l’altro sono eminentemente manuali e formative.